commissariati di polizia e delegazioni di governo a livorno
Avvenuta, nel 1814, la restaurazione del governo granducale, il commissario plenipotenziario, principe Giuseppe Rospigliosi, ordinava, in data 27 giugno di detto anno, la ricostituzione delle antiche suddivisioni amministrative. Così Livorno veniva nuovamente organizzata in governatorato civile e militare, con a capo un governatore, coadiuvato da un Auditore di Governo, che, a poco a poco, divenne il principale funzionario dell'amministrazione e sostituì, spesso, il governatore locale.
Con Rescritto del 7 aprile 1818, il territorio di Livorno, a differenza dei governatorati di Pisa e di Siena e dei R. Commissariati di Arezzo, Pistoia, Montepulciano, Grosseto, Volterra, Pontremoli, San Casciano e San Miniato, divisi in vicariati, a loro volta suddivisi in podesterie, venne ripartito, come la città di Firenze, in Commissariati di Quartiere, che in Livorno ebbero il nome di "Commissariati di Polizia" aventi competenza intermedia tra i vicari e i podestà. Fu eretto, invece, in podesteria, il territorio di Rosignano, incluso nel governatorato. Con lo stesso Rescritto vennero abolite le due cancellerie: civile e criminale dell'Auditore, e ai due Commissariati (Commissariato della Città e Porto e Commissariato dei Sobborghi) vennero affidati poteri di pubblica sicurezza e competenza giudiziaria civile e criminale, rimanendo, per la parte giudiziaria, alle dipendenze dell'Auditore, e venendo a dipendere dalla Presidenza del Buon Governo di Firenze per la parte riguardante la polizia, per quanto gli «affari di Livorno» dovessero, in base alla Legge del 25 aprile 1739, modificata da quelle del 22 settembre 1770 e del 6 aprile 1789, essere trattati direttamente dal Dipartimento di Stato. Con successiva Notificazione della I. e R. Consulta del 28 maggio 1818, venne stabilito, poi, che la competenza, attribuita dall'art. 50 della Legge 13 dicembre 1814, al cancelliere civile dell'Auditore di Governo per la cognizione e decisione delle cause di prima istanza, di quelle sommarie, esecutive, mere civili e miste, di merito non eccedenti il valore di settanta lire, passasse ai suddetti commissariati. Le cause, invece, il cui valore fosse compreso tra le lire settanta e le lire duecento , furono deferite alla competenza del Tribunale Civile e Consolare, per «conoscersi e poi decidersi» col voto di uno soltanto dei suoi componenti, per turno; rimaneva, invece, invariata la procedura, già in vigore presso la Cancelleria Civile dell’Auditore, estendendosi, in più, la competenza del Tribunale Civile e Consolare a tutte le cause contemplate dall'art. 49 della Legge suddetta. Una Notificazione della Presidenza del Buon Governo, sempre in data del 28 maggio 1818, tolse alla Cancelleria Criminale dell’Auditore tutte le materie di polizia, buon governo e sicurezza, lasciandone, però, la direzione al governatore e confermando ai due commissariati le competenze dei vicari regi degli altri paesi della Toscana, secondo quanto avevano, in passato, disposto le altre Circolari del Buon Governo del 28 aprile 1781 e del 30 novembre 1814. I commissari potevano irrogare la pena del carcere sino ad otto giorni, la multa sino a lire cento e la fustigazione in privato; contro tali provvedimenti era ammesso il ricorso al governatore. Decidevano, inoltre, le cause criminali per offese e ingiurie, per furti semplici e per danni, il cui valore non sorpassasse la somma di lire dieci. In caso, poi, che i commissari avessero dei dubbi sul limite della propria competenza, dovevano formularne speciale quesito al governatore, che decideva in base alle Istruzioni del 16 aprile 1816, col voto dell'Auditore.
Unitamente alla polizia amministrativa, venne affidata ai due commissari la «podestà economica», come funzione delegata dalla Presidenza del Buon Governo. Tale podestà, intesa come potere di punizione, si riferiva a un particolare tipo di procedura, detta appunto economica, perché differiva dalla normale procedura giudiziaria per vari elementi. Alla indeterminazione dei fatti che ne costituivano l'oggetto e che potevano essere anche di semplice sospetto, si aggiungevano il segreto della procedura e, altresì, la particolarità che era attribuita a funzionari, anziché a magistrati indipendenti. Mancando quindi tutte le garanzie, che, nel sistema giudiziario ordinario, proteggevano l'accusato, l'esercizio della podestà economica offriva facile occasione ad arbitrii, tanto più che, secondo il diritto toscano, i poteri attribuiti ai «capi politici» erano di polizia economica, didattica (riguardante l'istruzione morale, religiosa, letteraria e scientifica) e vigilante (intesa a rimuovere quelle «deviazioni» dell'ordine pubblico che, benché non offendessero la sicurezza pubblica, potevano servire «di scuola» ad offenderla (ozio, vagabondaggio, ecc.). Per eliminare gli esempi, sia col togliere le cause, sia col punire «paternamente i traviati», l'azione della polizia poteva essere svolta «antegiudiziariamente» e « giudiziariamente»; nel secondo caso era compresa la polizia punitrice correzionale, intesa a colpire azioni «riprovate dalla morale» e quella punitrice semplice, quando le azioni perseguite erano pericolose alla sicurezza sociale. Infine la podestà economica «conosceva» anche i fatti, non definiti dalla legge, ma indicati, in modo generico, «di mero sospetto o, di mera intenzione»; seguiva una procedura non pubblica e ignota allo stesso accusato, che applicava pene incerte, non stabilite con leggi e regolamenti, ma determinata, per lo più, dall'arbitrio di chi applicava la pena.
Dal 1814 al 1832, in virtù della Legge del 27 giugno 1814, furono di competenza dei commissariati, «secondo il loro prudentissimo arbitrio», i piccoli furti semplici, del valore inferiore alle dieci lire, le bestemmie, le cattive abitudini (ozio, gioco, finta mendicità, vagabondaggio), gli scandali domestici, i matrimoni contratti senza l'assenso dei genitori o tutori e sorprendendo la buona fede dei parroci, i cartelli e scritte contro il governo, gli atti che avrebbero potuto produrre divisioni, animosità «sconcerti e scandali», le prepotenze, la cattiva condotta in genere e tutto quello che, senza costituire un reato, potesse essere di avviamento ad esso o a turbare la quiete pubblica. La procedura era segretissima; si contestavano all'accusato i fatti e si udivano, le sue discolpe, ma non gli si comunicavano gli atti procedurali. Terminato questo procedimento, che prese il nome di «processo economico», ne era informata la Presidenza del Buon Governo, a cui veniva anche proposta la risoluzione, che si riteneva applicabile. La Presidenza, pur approvando, in genere, quanto propostole, prendeva la decisione ritenuta migliore, a cui si dava successiva esecuzione dal commissario proponente. Le pene erano le seguenti: carcere, frusta privata, mutazione coatta di domicilio, esilio dal territorio di Livorno, relegazione, reclusione nella casa di forza, servizio militare coatto per nove anni (Regolamento 11 luglio 1814, Circolari 20 luglio 1815 e 18 ottobre 1815, istituzioni 1 aprile 1816).
I commissari avevano l'obbligo di tenere sempre aggiornati i protocolli di polizia, detti «protocolli economici» prescritti dalla Circolare del 28 aprile 1781, e dove si registravano le risoluzioni pronunciate e i motivi di esse, e quelle prese in virtù di speciali partecipazioni governative. I protocolli dovevano essere firmati e vistati dal governatore, che apponeva, alle varie risoluzioni, le osservazioni ritenute opportune. Dovevano, inoltre, i commissari rimettere al governatore dei rapporti giornalieri, anch'essi corredati delle risoluzioni adottate e dei vari provvedimenti. Avevano a loro disposizione i «posti» militari, della cui opera potevano usufruire in virtù della «Legge sui Commissariati di Quartiere di Firenze» del 26 maggio 1777.
Ad ogni commissariato di Livorno, erano assegnati, in analogia a quanto disposto dalla legge suddetta, un coadiutore, alcuni praticanti, due cursori per le udienze, le citazioni, le chiamate e le esecuzioni, ed alcuni agenti di polizia. Uno dei due commissariati, chiamato, a seconda dei vari momenti, Commissariato della Città e Porto, Commissariato della Città, Darsena e Porto, Commissariato della Città e dell'Interno, esercitava la propria giurisdizione sulla zona cittadina limitata dalle mura urbane, l'altro, detto Commissariato dei Sobborghi, Commissariato di Campagna, Commissariato di San Leopoldo, sui sobborghi esistenti fuori delle mura e su quella parte di contado non compresa nella sfera di competenza territoriale del vicariato di Rosignano.
Il commissario di Città era, anche, incaricato della distribuzione delle carte di sicurezza ai forestieri e dei certificati di polizia per il visto e rilascio dei passaporti. Aveva inoltre, le incombenze e gli oneri, attribuiti, dal «Regolamento Generale sulle carceri del Granducato» del 9 gennaio 1815 al commissariato del quartiere di Santa Croce di Firenze. Vigilava, infine, sulla disciplina del Bagno dei Forzati. Erano, inoltre, di sua competenza le trasgressioni all'art. 29 dell'Editto 2 maggio 1787, punibili con pena pecuniaria, anche superiore a lire cento, eccezion fatta per i furti e le compre dolose. I due commissari avevano l'obbligo di ricevere i referti dei medici e cerusici in materia di reati contro l'integrità personale, le denunzie dei derubati, i referti e le denunce per omicidi, per i ferimenti con pericolo e per i furti qualificati, e li dovevano inoltrare alla cancelleria del Tribunale Criminale.
Quando, dopo gli avvenimenti del 1821 e di quelli del 1831, si volle applicare la podestà economica anche alla sorveglianza delle opinioni politiche, si verificarono nuovi e più gravi abusi e, di fronte alle proteste della pubblica opinione, si addivenne all'emanazione del Motuproprio dell'11 settembre 1832, con cui si limitarono le pene da erogarsi dai Commissariati nel campo della podestà economica, ammettendo, contro le più gravi, un ricorso alla R. Consulta, che poteva modificare, correggere o anche revocare il decreto economico; si fece, nello stesso tempo, obbligo di avvertire il condannato nel caso di possibile appello e di assegnargli un termine per il ricorso; rimase, invece, segreta la procedura e non determinata l'applicazione delle pene. Infatti, su proposta del magistrato economico, la Presidenza del Buon Governo poteva condannare al carcere sino a due mesi, all'esilio per un anno entro i limiti del compartimento, alla mutazione coatta di domicilio sempre per la durata di un anno, alla relegazione nelle isole dell'Elba e del Giglio o nella provincia inferiore senese (Maremma grossetana) sino a due mesi, al servizio militare per nove anni nelle compagnie correzionali (discoli), alla reclusione nella casa di forza di Volterra (non oltre tre mesi), alla detenzione sino a un anno nella casa correzionale. Successivamente, con Notificazione del 24 settembre 1846 fu abolita la Squadra dei Pionieri, già istituita con Risoluzione del 22 febbraio 1839 in sostituzione delle compagnie correzionali; fu, altresì, tolta al Buon Governo la facoltà di condannare per tre mesi alla casa di forza, ma gli venne concessa, invece, quella di infliggere, per tre anni, la detenzione negli stabilimenti correzionali di Firenze, Pisa e Piombino e in quello femminile di San Gimignano.
Con il 1815 troviamo presso il Commissariato della Città e Porto uno speciale funzionario (commesso) addetto alla direzione e al movimento dei forestieri, i cui affari, con la Notificazione del Buon Governo del 26 giugno 1820, pur essendo sbrigati da detto Commissariato, passarono alla competenza della segreteria civile del governo, che aveva anche il controllo sui passaporti. Con la «Riforma Giudiziaria» del 2 agosto 1838 i due commissariati assunsero definitivamente le intitolazioni di Commissariato di San Marco (quella della Città e porto) e di Commissariato di San Leopoldo (quello dei sobborghi); il restante del territorio del governatorato rimase sottoposto al Vicario di Rosignano, da cui dipendeva il Podestà di Bibbona, la cui giurisdizione era stata originata dalla soppressione delle due podesterie di Guardistallo e di Castagneto. Con il «Regolamento per il porto di Livorno» del 17 luglio 1840, mentre la polizia marittima del porto rimaneva affidata agli ufficiali della Capitaneria e della Bocca del Porto, la competenza per l'erogazione delle pene pecuniarie fino a lire cento e di quelle afflittive sino a un mese di carcere per le trasgressioni avvenute nel porto, darsena e moli apparteneva al Commissariato di San Marco.
Con Motuproprio del 26 novembre 1847, a seguito dei disordini avvenuti in Livorno, venne istituita una speciale Commissione, composta dal governatore e da due assessori legali per esplicare mansioni di polizia preventiva, con tutte le facoltà affidate al Direttore Generale di Polizia, agli Auditori di Governo e ai Commissari Regi. Detta commissione deliberava a maggioranza e le sue decisioni erano appellabili al R. Dipartimento di Grazia e Giustizia per le pene coercitive superanti la normale competenza dell'Auditore (Motuproprio del 24 agosto 1847). Vennero, in tale occasione, istituiti provvisoriamente, nei due circondari di San Marco e di San Leopoldo i Delegati di Governo, coadiuvati da due attuari, con poteri di polizia (pubblica e privata tranquillità, sorveglianza dei vagabondi, vigilanza sulle persone turbolente e sospette), e con poteri giudiziari (trasgressioni relative alla polizia municipale ed applicazione di pena detentiva sino a tre giorni). Svolsero, inoltre, funzioni di normale polizia giudiziaria. Le loro sentenze erano appellabili alla Commissione governativa. In più il Delegato di San Marco aveva le funzioni, già di competenza del soppresso commissariato omonimo, ai fini della sorveglianza dei forestieri e della soprintendenza della R. Carceri e del Bagno. Funzioni simili vennero affidate, meno naturalmente queste ultime, al vicario di Rosignano. La Legge del 9 marzo 1848, che introdusse in Toscana il nuovo ordinamento amministrativo, mantenne al governatore le funzioni di vigilanza sui forestieri, sulle carceri e sul Bagno. Nello svolgimento di tali compiti il governatore era coadiuvato dai Delegati di Governo, le cui competenze nel campo della polizia amministrativa furono regolate dalle disposizioni del 22 ottobre 1849; tale competenza si esplicava mediante ammonizioni, precetti, sequestro in pretorio e arresto. Il governatore, come i prefetti, era anche coadiuvato dal Capo Commesso di Pubblica Vigilanza e da uno o più commessi o aiuto commessi, che sorvegliavano, particolarmente, il movimento dei forestieri, gli alberghi e gli alloggi privati, dove questi risiedessero.
Per i decreti dei delegati di governo era ammesso ricorso al Consiglio di Governo. Le delegazioni si occupavano, inoltre, della sorveglianza sui teatri e sui pubblici ritrovi; ad esse dovevano essere presentate le denunce dei forestieri sospetti, delle riunioni non permesse e di tutte le infrazioni contro le leggi, la morale pubblica, la religione, a cura dei commessi e dei cursori, che erano addetti ai delegati e a cui inviavano rapporti giornalieri. Ogni delegato di governo era assistito da un coadiutore ; ai cursori incombeva l'obbligo di notificare i precetti formali di polizia. I delegati di governo dipendevano, per l'esplicazione delle funzioni di polizia, dal Ministero dell'Interno, essendo state abolite le Direzioni Generali di Polizia di Firenze e di Lucca. Come ufficiale di polizia giudiziaria, il delegato di governo dipendeva dalle superiori autorità giudiziarie e svolgeva, nello stesso tempo, funzioni di pubblico ministero nelle cause civili, la cui cognizione spettava al Pretore.
Con la «Legge Compartimentale» sopra citata troviamo in Livorno la Delegazione di Governo del Porto, la Delegazione di San Marco (città) e la Delegazione di San Leopoldo (sobborghi). I vari provvedimenti sopra ricordati avevano, ormai, più che limitata la competenza economica delle delegazioni, in modo da togliere ad esse, in buona parte, quel carattere di arbitrarietà, lamentato in precedenza. I provvedimenti successivi, però, ispirati più che altro a motivi politici, restrinsero e resero quasi nulla la regolamentazione più liberale del 1848, aumentando nuovamente i poteri delle delegazioni, come avvenne con il Regolamento del 20 giugno 1853, mantenuto in vigore sino alla caduta del governo granducale.
Avvenuta l'annessione della Toscana al Regno d'Italia ed istituita, nel 1861, anche in Livorno, la Prefettura, le delegazioni vennero mantenute sino alle nuove leggi del 1865, in base alle quali la polizia giuridica trovò la sua espressione negli uffici di P. S.
da ARCHIVIO DI STATO DI LIVORNO - GUIDA - INVENTARIO DELL'ARCHIVIO DI STATO - VOLUME PRIMO - ROMA 1961